Stampa italiana

Covid in Val Seriana, un anno dopo: “Ha fatto comodo dare colpe all’ospedale di Alzano”

Ad un anno dai primi casi positivi parla l’ex direttore medico dell’ospedale di Alzano Lombardo Giuseppe Marzulli. Alzano è stato un capro espiatorio per nascondere lacune gestionali a tutti i livelli.

Un anno dopo i primi casi di Covid-19 accertati nel lodigiano, a Codogno il 20 febbraio con il paziente 1 Mattia Maestri, e poi ad Alzano Lombardo, in bassa Valle Seriana – provincia di Bergamo – il 23 febbraio, quella che si è rivelata essere una pandemia globale dà ancora poche certezze. Ma una cosa è certa, soprattutto alla luce dell’inchiesta in corso, l’ospedale di Alzano Lombardo è stato un buon capro espiatorio. Il presidio è stato accusato di errori e mancanze che sono però da ricercare a livelli gestionali sia regionali che ministeriali. Anche la stampa si è accanita nel voler capire perché proprio in quell’ospedale, perché tutti quegli errori. Finché si è arrivati a due amare scoperte: l’Italia aveva un piano pandemico vecchio del 2006 (doveva essere aggiornato ogni 3 anni) ma soprattutto questo piano – seppur superato – non è mai stato applicato. E peggio ancora: in tutti questi anni gli ospedali lombardi non hanno mai ricevuto le linee guida attuative né dal Ministero della Salute né dalla Regione. In soldoni: è stato come fare un’evacuazione per un incendio senza aver mai fatto un’esercitazione. Aggiungiamo anche che il piano pandemico di Regione Lombardia era del 2010 e, nonostante le numerose lacune, non era mai stato rivisto. Divampato l’incendio dunque, senza indicazioni e senza le adeguate protezioni, c’è stato poco da fare se non correre contro il tempo rischiando anche la vita.

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