Comunicati stampa

Archiviata definitivamente l’inchiesta Covid di Bergamo 

La fine d’anno porta la chiusura totale dell’inchiesta Covid della Procura di Bergamo che si aprì ad aprile 2020 e si concluse e marzo 2022 con 20 indagati: l’ultimo filone è stato archiviato dal Gip Vito di Vita mercoledì 4 dicembre.

Il procedimento riguardava i fatti avvenuti all’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano il 23 febbraio 2020, quando si registrarono i primi pazienti positivi della provincia di Bergamo che ben presto diventò il focolaio più drammatico d’Italia. In particolare, il lavoro dei magistrati si era concentrato sulla gestione delle ore immediatamente successive all’individuazione dei primi contagiati, con l’ospedale che venne prima chiuso e poi riaperto, mettendo in luce l’impreparazione e la mancanza di regole nella gestione della situazione emergenziale.

Gli indagati erano quattro: Massimo Giupponi, direttore generale Ats Bergamo; l’allora direttore dell’Asst Bergamo Est (oggi alla guida dell’Asst Papa Giovanni), Francesco Locati; l’allora direttore sanitario dell’Asst Bergamo Est, Roberto Cosentina (adesso in pensione); l’ex direttore medico del Presidio 2 (cioè degli ospedali di Alzano e Gazzaniga), Giuseppe Marzulli, anche lui oggi in pensione.

I reati contestati – a vario titolo – ai soggetti citati erano l’epidemia colposa, le lesioni colpose nei confronti di 33 operatori sanitari del presidio, la morte di un medico e di un impiegato della struttura sanitaria di Alzano, contagiati dal Covid, il falso ideologico per aver comunicato tramite documenti e mail fatti diversi dalla realtà e il rifiuto d’atti di ufficio per non aver adottato tempestivamente misure atte a contenere l’epidemia.

La Procura di Bergamo ha chiesto l’archiviazione del procedimento perché la “riforma Cartabia” ha introdotto una prognosi sull’esito di un eventuale processo: i magistrati devono dunque valutare quale potrebbe verosimilmente essere il giudizio finale del Tribunale, prendendo atto anche dei precedenti. In questo caso, un precedente c’era, ovvero l’archiviazione nell’estate del 2023 degli altri due filoni di indagine che vedevano indagati anche l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza.

In quei casi, il Tribunale dei Ministri spiegò che non era configurabile il reato di epidemia colposa per condotte omissive (cioè per non aver fatto qualcosa). Per questo, pur contestando questa valutazione, la Procura di Bergamo s’è vista costretta a chiedere l’archiviazione anche di quest’ultimo filone di indagine. «Non appare ragionevolmente prevedibile la condanna degli indagati», ha scritto la Dott.ssa Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto.

Una posizione poi condivisa dal gip Di Vita che però scontenta i familiari delle vittime del Covid dell’Associazione #Sereniesempreuniti. 

“Quando ancora non esisteva la nostra Associazione – commentano dal Direttivo – molti di noi, bergamaschi prima ma anche dal altre province poi, ci siamo recati in Procura per depositare le denunce che hanno contribuito ad un’indagine davvero storica. Non avere la possibilità di capire in sede dibattimentale chi dovesse fare cosa è grave e lede, ancora una volta, la memoria dei nostri cari. Tra di noi ci sono diverse persone che hanno perso qualcuno all’ospedale di Alzano Lombardo e neppure le falsità dichiarate sulla sanificazione sono state prese in considerazione. Che non paghino i pesci piccoli è condivisibile ma che non paghi nessuno è inaccettabile. Non ci resta che confidare nella Cedu, la Corte Europea per i diritti dell’Uomo, che ha accolto il ricorso presentato da alcuni di noi”. 

“Quelle individuate come persone offese non sono state notiziate né della richiesta di archiviazione né dell’archiviazione stessa – commenta Consuelo Locati, avvocato del team legale de familiari -. Pur condividendo in linea generale quanto disposto dalla Procura, non possiamo accettare che le persone non vengano notiziate e che chi ricopre ruoli apicali di nomina politica non sia imputabile per le violazioni di legge o per eventuali omissioni. Continueremo a chiedere giustizia negli altri procedimenti ancora aperti”.

Una bara sui camion di Bergamo: “Gli italiani si meritano la verità non subdole illazioni”

I familiari mettono il punto anche sulla dichiarazione di Antonio Porto, segretario nazionale del sindacato Organizzazione sindacale autonoma (OSA) di polizia, data il 19 novembre 2024 davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2. Nello specifico il sindacalista ha posto una domanda, che è stata una vera e propria illazione, che è stata ripresa da tutta la stampa: «perché una bara a camion quando ne potevano andare due, tre? Cosa voleva portare alla popolazione quell’immagine?». Porto, quindi, ha alluse al fatto che ogni camion trasportasse solamente una bara. Lo stesso si è smentito in interviste successive dicendo di aver posto la domanda basandosi sul sentito dire. 

“Chi di noi ha vissuto quei momenti concitati – commentano sempre dal Direttivo – e ha avuto i propri cari su quei camion, non può accettare che una persona estranea alla vicenda possa permettersi di ipotizzare una tesi così grave in una sede così importante. Confidiamo che la Commissione, dove anche noi siamo stati auditi con il nostro legale Locati, porti avanti il lavoro in maniera sera come fatto sin d’oggi. Gli italiani si meritano la verità non subdole illazioni”. 

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